Un giorno un Porcellino dallo spirito piuttosto indipendente sfuggĂŹ all’attenzione della sua mamma e girovagò da solo finchĂŠ venne sera e, non riuscendo piĂš a ritrovare la strada del ritorno, si intrufolò in mezzo a un gregge di pecore che tornavano all’ovile.
A dire la veritĂ si abituò presto a queste nuove compagne; sebbene molto diverse da sua mamma e dai suoi fratelli e sorelle, erano però piĂš quiete, mansuete, i loro belati erano piĂš dolci dei grugniti dei suoi simili e inoltre avevano un mantello lanoso che di notte gli teneva un bel calduccio. Infatti aveva preso l’abitudine di sdraiarsi tra una pecora e l’altra e faceva sogni magnifici.
Ogni mattina osservava il pastore mentre prendeva ora una pecora ora l’altra per mungerle o per tosarle.
â Come sono buffe ora che sono tutte spelacchiate â ridacchiava tra sĂŠ il Porcellino; âerano cosĂŹ belle tonde prima!
Un giorno il pastore prese in braccio proprio lui. Non l’avesse mai fatto! Incominciò a dibattersi come un ossesso e nell’agitarsi lanciava strilli acutissimi.
â Esagerato! Ci stai rompendo i timpani â gli gridarono le pecore; â se facessimo cosĂŹ noi ogni volta che veniamo prese, sai tu che cagnara ci sarebbe qui tutto il giorno?
Al che il Porcellino rispose prontamente:
â Fate presto voi a criticare gli altri. Quando il pastore vi prende su lo fa per mungervi o per tosarvi, cosĂŹ lui ottiene latte e lana e poi vi rimette nell’ovile piĂš sane di prima. Per me invece non è la stessa cosa. So benissimo che da vivo non gli servo a nulla… ma quando mi cucinerĂ allo spiedo, solo allora gli servirò.