C’era una volta una bambina che viveva in un villaggio di campagna; era la bambina più bella e più vispa che si fosse mai vista. La mamma ne era assai orgogliosa, e la nonna forse anche di più. La buona vecchina, per festeggiare il suo quarto compleanno, le fece fare un cappuccio con un bel pezzo di stoffa rossa; la bimba fu assai felice del dono e da allora non lasciò quel berretto un solo momento, tutti finirono così per chiamarla col soprannome di Cappuccetto rosso.
Un giorno la mamma, dopo aver cotto in forno delle focacce, chiamò la piccina e le disse:
“Fai un salto dalla nonna, informati come sta, perché mi hanno detto che si sente poco bene e portale in regalo questa bella focaccia e questo barattolo di burro.”
La brava donna si preoccupava tanto di dover lasciare che la piccina uscisse sola sola e si raccomandò con lei:
“Stai attenta, non indugiare per nessun motivo quando passerai per il bosco, corri senza fermarti a casa della nonna!”
Cappuccetto rosso prese il cestino con la roba e corse subito via per andare dalla nonna, che abitava in un paesetto vicino. Quand’ecco che, strada facendo, mentre attraversava il bosco, incontrò il Lupo. Quel furfante, solamente al vederla, ebbe una gran voglia di farsene tutto un boccone; però non osò farlo, per paura di alcuni taglialegna che lavora-vano lì vicino. E allora la prese larga, e incominciò a interrogare:
“Ciao piccina… si può sapere dove vai?”
La povera bambina, che non sapeva proprio quanto sia pericoloso fermarsi a chiacchierare con un lupo, rispose tutta garbata:
“Vado a trovare la nonna, per portarle una focaccia e un baratto-lo di burro che la mamma ed io vogliamo regalarle.”
“Ma che brava!” disse il Lupo “Abita lontano la tua nonna?”
“Eh, piuttosto!” rispose Cappuccetto rosso “Sta passato il mulino che vedete laggiù, dietro alla prima casa del paese.”
“Sai un po’ com’è?” disse il Lupo “Voglio venire anch’io a trovare la tua nonna. Anzi, vediamo un po’ chi ci arriva per primo! Io prenderò questo sentiero e tu quello.”
Detto fatto: il Lupo si mise a correre a più non posso per la scorciatoia; mentre la bambina se ne andava pian pianino per la strada più lunga; non si curava la sventatella di quanto la mamma le aveva tanto raccomandato e invece di affrettare il passo si attardava divertendosi a cogliere le nocciole, a rincorrere le farfalle, e a fare mazzolini con i fiori che trovava tra l’erba.
Intanto in un battibaleno il Lupo era giunto alla casa della vecchierella e picchiò all’uscio:
“Tòc… tòc…”
“Chi è?”
“Son’io” rispose la bestiaccia imitando la voce di Cappuccetto rosso
“Sono la tua nipotina e vengo a portarti una focaccia e un barattolo di burro che mi ha dato la mamma.”
La vecchina, che stava a letto perché non si sentiva tanto bene, non poteva certo immaginare quello che quel brutto furfante di un Lupo stava per combinarle e, non riuscendo ad alzarsi per andare alla porta, gridò senza muoversi come si poteva aprirla:
“Tira il saliscendi e la porta si aprirà.”
Il Lupo tirò la funicella e subito l’uscio si spalancò. In quattro e quattr’otto quel brutto manigoldo saltò addosso alla povera vecchia e, digiuno com’era da tre giorni, se la mangiò in un boccone. Poi chiuse la porta e, dopo aver messo la vestaglia della nonna, i suoi occhiali e la sua cuffia, si mise a letto per aspettare Cappuccetto rosso. Di lì a poco infatti la bambina arrivò, e si attaccò al battente.
“Tòc… tòc…”
“Chi è?” domandò il Lupo sforzandosi di imitare la voce della vecchina.
Cappuccetto rosso, al sentire il vocione del Lupo, da principio ebbe paura. Ma poi, pensando che la nonna dovesse essere raffreddata, si rassicurò e rispose:
“Sono io, Cappuccetto rosso, con una focaccia e un barattolo di burro che la mamma ed io vogliamo regalarti.”
Il Lupo sempre cercando di fare una vocina dolce dolce, le gridò dal letto:
“Tira il saliscendi e la porta si aprirà.”
Subito Cappuccetto rosso tirò la funicella; il chiavistello si alzò e l’uscio si aprì. Vedendola entrare così vispa e carina, il Lupo si rannicchiò sotto le lenzuola per non farsi vedere e disse:
“La focaccia e il burro mettili lì sulla tavola di cucina; e vieni a letto con me a riscaldarti.”
Cappuccetto rosso ubbidiente si mise a letto e si avvicinò al Lupo travestito; subito però si meravigliò dello strano aspetto della nonna e disse:
“O nonna mia!… Che lunghe braccia hai!…”
“ Sono per abbracciarti meglio, bambina cara.”
“O nonna mia!… Come sono lunghe le tue gambe!”
“Sono per correr meglio, bambina cara.”
“O nonna mia!… Che orecchie grandi hai!…”
“Sono per udire meglio bambina cara.”
“O nonna mia!… Che occhioni grandi hai!…”
“Sono per vedere meglio, bambina cara.”
“O nonna mia!… Che denti lunghi hai!…”
“Sono per mangiarti meglio.”
E così dicendo quel malvagio di un Lupo si lanciò addosso a Cappuccetto rosso e — àhmm! — se la mangiò in un boccone.
Poi soddisfatto tornò nel letto della nonna e si addormentò beato. Ma un bravo cacciatore che stava frattanto tornando a casa, scorse l’uscio socchiuso della casetta della nonna, entrò e, vedendo il Lupo cattivo addormentato a letto, lo prese, lo legò saldamente e con il coltellaccio gli aprì il pancione, liberando Cappuccetto rosso e la nonna che si videro così salve. La brutta avventura era finita. Cappuccetto rosso lasciò allora libero anche il Lupo che, dopo la dura lezione ricevuta, da quel giorno, cattivo non fu più.